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"Soltanto martedì 3 marzo Firenze, con notevole ritardo su Parigi e altre città d’Italia o d’Europa ha dato segni di vita annunciando per i prossimi mesi iniziative a celebrazione del centenario del Manifesto futurista di Marinetti. Un ritardo sintomo di una certa indifferenza, come se il Futurismo non l’avesse mai neppure sfiorata, o forse quasi per vendicarsi di quel movimento che dichiarava guerra all’arte passatista delle accademie che hanno deificato questa nostra città, una bella regina addormentata.
Finché ho vissuto in casa di mio padre ho sempre visto nella sala da pranzo un quadro a olio dai colori armonici, sereni, con linee e forme geometriche che simulavano onde di mare e turbini di vento, un susseguirsi continuo di bianchi-avorio, di celesti e di blu: si intitolava «Vele Vento». Era stato per le nozze dei miei genitori il regalo del fratello di mio padre, uno zio che non ricordo di avere mai visto nei primi dieci anni della mia vita. Lo conoscevo attraverso quella sua pittura e in casa se ne parlava poco: era un esempio da non seguire perché aveva voluto fare il pittore, l’artista. Un bel giorno, a circa otto anni, ne sentii parlare più frequentemente: ascoltavo i miei genitori confabulare che aveva dei guai con dei giudici di un tribunale, che si trovava in prigione a Pavia, che andava difeso perché lo volevano fare apparire un assassino, lo volevano condannare a morte. Calunnie infondate, campate in aria, secondo mio padre che lo descriveva come una testa matta ma un mite, capace solo di impugnare matite e pennelli, di roteare nell’aria solo parole e sprecare colori sulle tele, un rivoluzionario del mondo delle idee."
Anni fa, seguendo il mio interesse per la canzone fiorentina, feci ricerche su Odoardo Spadaro studente ginnasiale e scoprii Antonio Marasco, quel pittore originario della Calabria che, pur essendo mio zio, era stato per me un mistero fino a quel momento. Negli archivi del Liceo Dante rintracciai per Spadaro Odoardo, classe 1893 in quarta ginnasio, la pagella dell’anno 1906-1907, con voti discreti in tutte le materie tranne che nelle lingue straniere. Spadaro, che avrebbe affascinato mezzo mondo cantando e recitando in ben cinque lingue, e che viveva a casa della nonna materna di lingua inglese, risultava refrattario alle lingue. Ma con mia grande sorpresa trovai che in quegli stessi anni, in classi immediatamente inferiori, erano iscritti due fratelli, Francesco (classe 1894, dodicenne) e Antonio Marasco (classe 1896, 10 anni) e sulle loro pagelle, accanto ai voti insufficienti in quasi tutte le materie, lessi giudizi, quasi sarcastici, degli insegnanti: «Proveniente da scuola di Nicastro (Catanzaro), parla solo calabrese!». Erano i fratelli di mio padre, che allora, nel 1906, aveva appena 4 anni. (...)
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